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Pannelli per cappotto termico da schiume poliuretaniche rigide post consumo
Organizzazione |
Consorzio CETMA |
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Localizzazione della buona pratica |
Brindisi (Brindisi)
Prato |
Lingua originale della buona pratica |
Italiano
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Area | |
Settore | |
Partners | |
Target Groups |
impianti di gestione RAEE, produttori di pannelli in poliuretano rigido, installatori e utilizzatori di cappotti termici
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Livello di Applicazione |
Internazionale
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Ambito tematico |
Approccio Integrato per Filiera o Settore
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Motivazione
Nel 2022, solo in Italia, sono state raccolte quasi 100.000 tonnellate di RAEE freddo-clima; la schiuma poliuretanica contenuta in tali rifiuti (pari a circa il 15% in peso), viene inviata in discarica o termovalorizzazione con chiari danni per l’ambiente. Per questo motivo l’opzione riciclo è sicuramente quella preferibile. La buona pratica in oggetto ha portato allo sviluppo di un prodotto innovativo a basso impatto ambientale, un pannello isolante per cappotto termico. Il materiale costituente è stato opportunamente formulato per massimizzare la quantità di poliuretano da riciclo in esso contenuta, garantendo al contempo i requisiti prestazionali, tecnologici e di posa in opera richiesti dall’applicazione selezionata.
Descrizione
L’idea alla base della buona pratica è lo sviluppo su scala industriale di un processo di upcycling di schiume rigide in PU provenienti principalmente dai RAEE freddo-clima per produrre pannelli termoisolanti per il settore delle costruzioni. I pannelli saranno realizzati mediante tecnologia combinata airlay+thermobonding: le scaglie di PU da ririclo e gli altri componenti della formulazione sono intimamente miscelati attraverso l’azione di flussi di aria e successivamente depositati su un nastro permeabile all'aria in movimento. Il web deposto è infine consolidato, mediante riscaldamento in un forno, all’uscita del quale si ottiene una lastra dotata di stabilità dimensionale. Il vantaggio principale nell'utilizzo dell'airlay risiede nell'ottenimento di un perfetto controllo dell'uniformità della densità del pannello. Il processo è già stato sviluppato su scala industriale e necessita di essere ottimizzato con riferimento alla resistenza al fuoco, e per aumentarne la produttività.
Risultati
Nel lungo periodo si stima che questa tecnologia possa essere venduta anche fuori dall’Europa e che possa consentire una diminuzione della quantità di PU post-consumo inviato a incenerimento o discarica del 20% rispetto all’attuale e conseguente diminuzione di uso di risorse fossili per la produzione di poliuretano vergine per l’applicazione “cappotto termico” con proprietà paragonabili a quello realizzato con materie prime vergini e costo inferiore del 10-15%. Inoltre, la tecnologia combinata airlay + thermobonding si presta a essere trasferita con relativa semplicità su altre tipologie di rifiuti ad ora difficili da riciclare per la mancanza di adeguati processi di riciclo come cellulosa da pannolini post-consumo, scarti del tessile, scarti di materiali compositi amplificandone in maniera significativa il positivo impatto economico e ambientale.
Condizioni per la replicabilità
Questo modello può essere riprodotto in qualunque contesto/paese se sussistono le seguenti condizioni:
• Esistenza di un sistema di raccolta dei RAEE.
• Volumi di rifiuto in ingresso con quantità e qualità stabili.
• know-how sulla progettazione e avviamento dell'impianto.
Barriere, criticità, limiti
- Aspetti relativi alla quantità
- Cooperazione con le autorità
- Investimenti iniziali alti
Parole chiave
ecodesign,
poliuretano riciclato,
pannelli termoisolanti,
partnership di filiera,
sostenibilità settore edilizio